Interpretazione delle variazioni del marker tumorale
A cura di: Paolo Spriano – MMG
I Marcatori Tumorali (MT) sono molecole presenti nei tessuti normali in grado di essere rilasciate in maggiore quantità in molte condizioni e questo condiziona la loro relativa specificità diagnostica. La provata relazione costante fra massa tissutale e valore misurato dei MT in genere determina la loro sensibilità per una corretta diagnosi di tumore. Nonostante questi fattori critici siano ben noti i MT sono sempre più frequentemente utilizzati, sia in fase diagnostica che di follow up in vari tipi di neoplasie e questo atteggiamento continua a persistere nonostante interventi individuali, scientifici e amministrativi, orientati al loro uso appropriato¹.
L’antigene carcino-embrionario (CEA) è una glicoproteina utilizzata come MT nella gestione dei pazienti con tumore del colon-retto (CCR). Il monitoraggio dei livelli di CEA rientra tra gli standard di cura per il follow up nei pazienti operati per CCR e le linee guida sono concordi nel ritenere che il CEA è utile per il riconoscimento della progressione di malattia¹. Il dosaggio del CEA, ogni 3-4 mesi per 3 anni poi ogni 6 mesi per 2 anni, offre un vantaggio in sopravvivenza consentendo una diagnosi più precoce della ricaduta di malattia¹.
Durante il follow up nei pazienti operati per CCR il riscontro di un livello di CEA > 5 ng/ml può innescare una serie di accertamenti finalizzati a valutare la recidiva di malattia. In questi casi i risultati falsi-positivi possono causare al paziente un’inutile esposizione alle radiazioni, una grave induzione d’ansia oltre a maggiori costi per il sistema sanitario. Gli studi ad oggi disponibili non hanno ben definito l’incidenza dei falsi positivi rispetto ai diversi valori di positività.
Uno studio realizzato al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York² ha identificato 728 pazienti eleggibili sottoposti ad un trattamento di resezione locoregionale per CCR (st I – III) con un livello di CEA 5nM/ml in soggetti senza riscontro di recidiva di malattia dopo procedure diagnostiche in un follow up a un anno o per normalizzazione del CEA in almeno 2 controlli successivi. Secondo questi criteri 358 pazienti (49%) avevano valori di CEA falsi positivi rispetto a 335 pazienti (46%) veri positivi per una recidiva di CCR e 35 veri positivi (5%) per un secondo tumore primitivo.
Nell’analisi dei 358 casi falsi positivi, 111 hanno presentato un singolo valore elevato di CEA non confermato successivamente; mentre 247 hanno avuto innalzamenti su 2 o più letture, con una mediana di CEA = 6,7 ng/ml e solo 5 (2%) avevano CEA>15 ng/ml. Nessun caso con valore di CEA > 35 ng/ml confermato era un falso positivo.
I pazienti falsi-positivi per un cutoff CEA=5 ng / ml con conferma di valore elevato alla ripetizione del test erano il 40%. Alzando il cutoff del CEA=10 ng/ml la percentuale di falsi positivi scendeva al 8%, ma con una consistente perdita di sensibilità del test considerando che il 27% dei veri positivi sottoposti ad analisi presentava livelli di CEA compresi tra 5 e 10 ng/ml.
Lo studio ha dimostrato che nel monitoraggio del marker dei pazienti in follow up per CCR la maggior parte dei risultati falsi positivi era compreso in un range di CEA tra 5 e 10 ng/m. Il riscontro di falsi positivi era raro per CEA>15 ng/ml e un CEA > 35 ng/ml confermato era indicativo di una vera recidiva di malattia. Valori di CEA tra 5 e 10 ng/ml avevano la stessa probabilità di essere dei falsi positivi o veri positivi, elemento determinante la raccomandazione, in questi casi, a procedere ad una conferma del test elevato prima di avviare qualsiasi work up orientato a diagnosticare la recidiva di CCR.